Dante Alighieri
1265 - 1321
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La Divina commedia
Paradiso
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Canto XXIX
Canto XXIX, ove si tratta de la superbia e cacciamento de li rei e malvagi angeli e de la dilezione e gloria de' buoni; e infine si riprende tutti coloro che predicando si partono dal santo Evangelio e dicono favole; e contiencisi in questo canto certe declaragioni di certe oscuritadi del celestiale regno.
Sandro Botticelli, Divina Commedia, par. 29 (disegno, 1485/90)
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Quando ambedue li figli di Latona,coperti del Montone e de la Libra,fanno de l'orizzonte insieme zona,quant' è dal punto che 'l cenìt inlibrainfin che l'uno e l'altro da quel cinto,cambiando l'emisperio, si dilibra,tanto, col volto di riso dipinto,si tacque Bëatrice, riguardandofiso nel punto che m'avëa vinto.Poi cominciò: «Io dico, e non dimando,quel che tu vuoli udir, perch' io l'ho vistolà 've s'appunta ogne ubi e ogne quando.Non per aver a sé di bene acquisto,ch'esser non può, ma perché suo splendorepotesse, risplendendo, dir «Subsisto»,in sua etternità di tempo fore,fuor d'ogne altro comprender, come i piacque,s'aperse in nuovi amor l'etterno amore.Né prima quasi torpente si giacque;ché né prima né poscia procedettelo discorrer di Dio sovra quest' acque.Forma e materia, congiunte e purette,usciro ad esser che non avia fallo,come d'arco tricordo tre saette.E come in vetro, in ambra o in cristalloraggio resplende sì, che dal venirea l'esser tutto non è intervallo,così 'l triforme effetto del suo sirene l'esser suo raggiò insieme tuttosanza distinzïone in essordire.Concreato fu ordine e costruttoa le sustanze; e quelle furon cimanel mondo in che puro atto fu produtto;pura potenza tenne la parte ima;nel mezzo strinse potenza con attotal vime, che già mai non si divima.Ieronimo vi scrisse lungo trattodi secoli de li angeli creatianzi che l'altro mondo fosse fatto;ma questo vero è scritto in molti latida li scrittor de lo Spirito Santo,e tu te n'avvedrai se bene agguati;e anche la ragione il vede alquanto,che non concederebbe che ' motorisanza sua perfezion fosser cotanto.Or sai tu dove e quando questi amorifuron creati e come: sì che spentinel tuo disïo già son tre ardori.Né giugneriesi, numerando, al ventisì tosto, come de li angeli parteturbò il suggetto d'i vostri alimenti.L'altra rimase, e cominciò quest' arteche tu discerni, con tanto diletto,che mai da circüir non si diparte.Principio del cader fu il maladettosuperbir di colui che tu vedestida tutti i pesi del mondo costretto.Quelli che vedi qui furon modestia riconoscer sé da la bontateche li avea fatti a tanto intender presti:per che le viste lor furo essaltatecon grazia illuminante e con lor merto,si c'hanno ferma e piena volontate;e non voglio che dubbi, ma sia certo,che ricever la grazia è meritoriosecondo che l'affetto l'è aperto.Omai dintorno a questo consistoriopuoi contemplare assai, se le parolemie son ricolte, sanz' altro aiutorio.Ma perché 'n terra per le vostre scolesi legge che l'angelica naturaè tal, che 'ntende e si ricorda e vole,ancor dirò, perché tu veggi purala verità che là giù si confonde,equivocando in sì fatta lettura.Queste sustanze, poi che fur giocondede la faccia di Dio, non volser visoda essa, da cui nulla si nasconde:però non hanno vedere intercisoda novo obietto, e però non bisognarememorar per concetto diviso;sì che là giù, non dormendo, si sogna,credendo e non credendo dicer vero;ma ne l'uno è più colpa e più vergogna.Voi non andate giù per un sentierofilosofando: tanto vi trasportal'amor de l'apparenza e 'l suo pensiero!E ancor questo qua sù si comportacon men disdegno che quando è pospostala divina Scrittura o quando è torta.Non vi si pensa quanto sangue costaseminarla nel mondo e quanto piacechi umilmente con essa s'accosta.Per apparer ciascun s'ingegna e facesue invenzioni; e quelle son trascorseda' predicanti e 'l Vangelio si tace.Un dice che la luna si ritorsene la passion di Cristo e s'interpuose,per che 'l lume del sol giù non si porse;e mente, ché la luce si nascoseda sé: però a li Spani e a l'Indicome a' Giudei tale eclissi rispuose.Non ha Fiorenza tanti Lapi e Bindiquante sì fatte favole per annoin pergamo si gridan quinci e quindi:sì che le pecorelle, che non sanno,tornan del pasco pasciute di vento,e non le scusa non veder lo danno.Non disse Cristo al suo primo convento:Andate, e predicate al mondo ciance;ma diede lor verace fondamento;e quel tanto sonò ne le sue guance,sì ch'a pugnar per accender la fedede l'Evangelio fero scudo e lance.Ora si va con motti e con iscedea predicare, e pur che ben si rida,gonfia il cappuccio e più non si richiede.Ma tale uccel nel becchetto s'annida,che se 'l vulgo il vedesse, vederebbela perdonanza di ch'el si confida:per cui tanta stoltezza in terra crebbe,che, sanza prova d'alcun testimonio,ad ogne promession si correrebbe.Di questo ingrassa il porco sant' Antonio,e altri assai che sono ancor più porci,pagando di moneta sanza conio.Ma perché siam digressi assai, ritorcili occhi oramai verso la dritta strada,sì che la via col tempo si raccorci.Questa natura sì oltre s'ingradain numero, che mai non fu loquelané concetto mortal che tanto vada;e se tu guardi quel che si revelaper Danïel, vedrai che 'n sue migliaiadeterminato numero si cela.La prima luce, che tutta la raia,per tanti modi in essa si recepe,quanti son li splendori a chi s'appaia.Onde, però che a l'atto che concepesegue l'affetto, d'amar la dolcezzadiversamente in essa ferve e tepe.Vedi l'eccelso omai e la larghezzade l'etterno valor, poscia che tantispeculi fatti s'ha in che si spezza,uno manendo in sé come davanti». |