Dante Alighieri
1265 - 1321
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La Divina commedia
Paradiso
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Canto XVII
Canto XVII, nel quale il predetto messer Cacciaguida solve l'animo de l'auttore da una paura e confortalo a fare questa opera.
Sandro Botticelli, Divina Commedia, par. 17 (disegno, 1485/90)
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369121518212427303336394245485154576063666972757881848790939699102105108111114117120123126129132135138141 |
Qual venne a Climenè, per accertarsidi ciò ch'avëa incontro a sé udito,quei ch'ancor fa li padri ai figli scarsi;tal era io, e tal era sentitoe da Beatrice e da la santa lampache pria per me avea mutato sito.Per che mia donna «Manda fuor la vampadel tuo disio», mi disse, «sì ch'ella escasegnata bene de la interna stampa:non perché nostra conoscenza crescaper tuo parlare, ma perché t'ausia dir la sete, sì che l'uom ti mesca».«O cara piota mia che sì t'insusi,che, come veggion le terrene mentinon capere in trïangol due ottusi,così vedi le cose contingentianzi che sieno in sé, mirando il puntoa cui tutti li tempi son presenti;mentre ch'io era a Virgilio congiuntosu per lo monte che l'anime curae discendendo nel mondo defunto,dette mi fuor di mia vita futuraparole gravi, avvegna ch'io mi sentaben tetragono ai colpi di ventura;per che la voglia mia saria contentad'intender qual fortuna mi s'appressa:ché saetta previsa vien più lenta».Così diss' io a quella luce stessache pria m'avea parlato; e come volleBeatrice, fu la mia voglia confessa.Né per ambage, in che la gente follegià s'inviscava pria che fosse ancisol'Agnel di Dio che le peccata tolle,ma per chiare parole e con precisolatin rispuose quello amor paterno,chiuso e parvente del suo proprio riso:«La contingenza, che fuor del quadernode la vostra matera non si stende,tutta è dipinta nel cospetto etterno;necessità però quindi non prendese non come dal viso in che si specchianave che per torrente giù discende.Da indi, sì come viene ad orecchiadolce armonia da organo, mi vienea vista il tempo che ti s'apparecchia.Qual si partio Ipolito d'Ateneper la spietata e perfida noverca,tal di Fiorenza partir ti convene.Questo si vuole e questo già si cerca,e tosto verrà fatto a chi ciò pensalà dove Cristo tutto dì si merca.La colpa seguirà la parte offensain grido, come suol; ma la vendettafia testimonio al ver che la dispensa.Tu lascerai ogne cosa dilettapiù caramente; e questo è quello straleche l'arco de lo essilio pria saetta.Tu proverai sì come sa di salelo pane altrui, e come è duro callelo scendere e 'l salir per l'altrui scale.E quel che più ti graverà le spalle,sarà la compagnia malvagia e scempiacon la qual tu cadrai in questa valle;che tutta ingrata, tutta matta ed empiasi farà contr' a te; ma, poco appresso,ella, non tu, n'avrà rossa la tempia.Di sua bestialitate il suo processofarà la prova; sì ch'a te fia belloaverti fatta parte per te stesso.Lo primo tuo refugio e 'l primo ostellosarà la cortesia del gran Lombardoche 'n su la scala porta il santo uccello;ch'in te avrà sì benigno riguardo,che del fare e del chieder, tra voi due,fia primo quel che tra li altri è più tardo.Con lui vedrai colui che 'mpresso fue,nascendo, sì da questa stella forte,che notabili fier l'opere sue.Non se ne son le genti ancora accorteper la novella età, ché pur nove annison queste rote intorno di lui torte;ma pria che 'l Guasco l'alto Arrigo inganni,parran faville de la sua virtutein non curar d'argento né d'affanni.Le sue magnificenze conosciutesaranno ancora, sì che ' suoi nemicinon ne potran tener le lingue mute.A lui t'aspetta e a' suoi benefici;per lui fia trasmutata molta gente,cambiando condizion ricchi e mendici;e portera'ne scritto ne la mentedi lui, e nol dirai»; e disse coseincredibili a quei che fier presente.Poi giunse: «Figlio, queste son le chiosedi quel che ti fu detto; ecco le 'nsidieche dietro a pochi giri son nascose.Non vo' però ch'a' tuoi vicini invidie,poscia che s'infutura la tua vitavie più là che 'l punir di lor perfidie».Poi che, tacendo, si mostrò spedital'anima santa di metter la tramain quella tela ch'io le porsi ordita,io cominciai, come colui che brama,dubitando, consiglio da personache vede e vuol dirittamente e ama:«Ben veggio, padre mio, sì come spronalo tempo verso me, per colpo darmital, ch'è più grave a chi più s'abbandona;per che di provedenza è buon ch'io m'armi,sì che, se loco m'è tolto più caro,io non perdessi li altri per miei carmi.Giù per lo mondo sanza fine amaro,e per lo monte del cui bel cacumeli occhi de la mia donna mi levaro,e poscia per lo ciel, di lume in lume,ho io appreso quel che s'io ridico,a molti fia sapor di forte agrume;e s'io al vero son timido amico,temo di perder viver tra coloroche questo tempo chiameranno antico».La luce in che rideva il mio tesoroch'io trovai lì, si fé prima corusca,quale a raggio di sole specchio d'oro;indi rispuose: «Coscïenza fuscao de la propria o de l'altrui vergognapur sentirà la tua parola brusca.Ma nondimen, rimossa ogne menzogna,tutta tua visïon fa manifesta;e lascia pur grattar dov' è la rogna.Ché se la voce tua sarà molestanel primo gusto, vital nodrimentolascerà poi, quando sarà digesta.Questo tuo grido farà come vento,che le più alte cime più percuote;e ciò non fa d'onor poco argomento.Però ti son mostrate in queste rote,nel monte e ne la valle dolorosapur l'anime che son di fama note,che l'animo di quel ch'ode, non posané ferma fede per essempro ch'aiala sua radice incognita e ascosa,né per altro argomento che non paia». |