Dante Alighieri
1265 - 1321
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La Divina commedia
Paradiso
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Canto IX
Canto IX, nel quale parla madonna Cunizza di Romano, antidicendo alcuna cosa de la Marca di Trevigi; e parla Folco di Marsilia che fue vescovo d'essa.
Sandro Botticelli, Divina Commedia, par. 9 (disegno, 1485/90)
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Da poi che Carlo tuo, bella Clemenza,m'ebbe chiarito, mi narrò li 'nganniche ricever dovea la sua semenza;ma disse: «Taci e lascia muover li anni»;sì ch'io non posso dir se non che piantogiusto verrà di retro ai vostri danni.E già la vita di quel lume santorivolta s'era al Sol che la rïempiecome quel ben ch'a ogne cosa è tanto.Ahi anime ingannate e fatture empie,che da sì fatto ben torcete i cuori,drizzando in vanità le vostre tempie!Ed ecco un altro di quelli splendoriver' me si fece, e 'l suo voler piacermisignificava nel chiarir di fori.Li occhi di Bëatrice, ch'eran fermisovra me, come pria, di caro assensoal mio disio certificato fermi.«Deh, metti al mio voler tosto compenso,beato spirto», dissi, «e fammi provach'i' possa in te refletter quel ch'io penso!».Onde la luce che m'era ancor nova,del suo profondo, ond' ella pria cantava,seguette come a cui di ben far giova:«In quella parte de la terra pravaitalica che siede tra Rïaltoe le fontane di Brenta e di Piava,si leva un colle, e non surge molt' alto,là onde scese già una facellache fece a la contrada un grande assalto.D'una radice nacqui e io ed ella:Cunizza fui chiamata, e qui refulgoperché mi vinse il lume d'esta stella;ma lietamente a me medesma indulgola cagion di mia sorte, e non mi noia;che parria forse forte al vostro vulgo.Di questa luculenta e cara gioiadel nostro cielo che più m'è propinqua,grande fama rimase; e pria che moia,questo centesimo anno ancor s'incinqua:vedi se far si dee l'omo eccellente,sì ch'altra vita la prima relinqua.E ciò non pensa la turba presenteche Tagliamento e Adice richiude,né per esser battuta ancor si pente;ma tosto fia che Padova al paludecangerà l'acqua che Vincenza bagna,per essere al dover le genti crude;e dove Sile e Cagnan s'accompagna,tal signoreggia e va con la testa alta,che già per lui carpir si fa la ragna.Piangerà Feltro ancora la difaltade l'empio suo pastor, che sarà sconciasì, che per simil non s'entrò in malta.Troppo sarebbe larga la bigonciache ricevesse il sangue ferrarese,e stanco chi 'l pesasse a oncia a oncia,che donerà questo prete corteseper mostrarsi di parte; e cotai doniconformi fieno al viver del paese.Sù sono specchi, voi dicete Troni,onde refulge a noi Dio giudicante;sì che questi parlar ne paion buoni».Qui si tacette; e fecemi sembianteche fosse ad altro volta, per la rotain che si mise com' era davante.L'altra letizia, che m'era già notaper cara cosa, mi si fece in vistaqual fin balasso in che lo sol percuota.Per letiziar là sù fulgor s'acquista,sì come riso qui; ma giù s'abbuial'ombra di fuor, come la mente è trista.«Dio vede tutto, e tuo veder s'inluia»,diss' io, «beato spirto, sì che nullavoglia di sé a te puot' esser fuia.Dunque la voce tua, che 'l ciel trastullasempre col canto di quei fuochi piiche di sei ali facen la coculla,perché non satisface a' miei disii?Già non attendere' io tua dimanda,s'io m'intuassi, come tu t'inmii».«La maggior valle in che l'acqua si spanda»,incominciaro allor le sue parole,«fuor di quel mar che la terra inghirlanda,tra ' discordanti liti contra 'l soletanto sen va, che fa meridïanolà dove l'orizzonte pria far suole.Di quella valle fu' io litoranotra Ebro e Macra, che per cammin cortoparte lo Genovese dal Toscano.Ad un occaso quasi e ad un ortoBuggea siede e la terra ond' io fui,che fé del sangue suo già caldo il porto.Folco mi disse quella gente a cuifu noto il nome mio; e questo cielodi me s'imprenta, com' io fe' di lui;ché più non arse la figlia di Belo,noiando e a Sicheo e a Creusa,di me, infin che si convenne al pelo;né quella Rodopëa che delusafu da Demofoonte, né Alcidequando Iole nel core ebbe rinchiusa.Non però qui si pente, ma si ride,non de la colpa, ch'a mente non torna,ma del valor ch'ordinò e provide.Qui si rimira ne l'arte ch'addornacotanto affetto, e discernesi 'l beneper che 'l mondo di sù quel di giù torna.Ma perché tutte le tue voglie pieneten porti che son nate in questa spera,proceder ancor oltre mi convene.Tu vuo' saper chi è in questa lumerache qui appresso me così scintillacome raggio di sole in acqua mera.Or sappi che là entro si tranquillaRaab; e a nostr' ordine congiunta,di lei nel sommo grado si sigilla.Da questo cielo, in cui l'ombra s'appuntache 'l vostro mondo face, pria ch'altr' almadel trïunfo di Cristo fu assunta.Ben si convenne lei lasciar per palmain alcun cielo de l'alta vittoriache s'acquistò con l'una e l'altra palma,perch' ella favorò la prima gloriadi Iosüè in su la Terra Santa,che poco tocca al papa la memoria.La tua città, che di colui è piantache pria volse le spalle al suo fattoree di cui è la 'nvidia tanto pianta,produce e spande il maladetto fiorec'ha disvïate le pecore e li agni,però che fatto ha lupo del pastore.Per questo l'Evangelio e i dottor magnison derelitti, e solo ai Decretalisi studia, sì che pare a' lor vivagni.A questo intende il papa e ' cardinali;non vanno i lor pensieri a Nazarette,là dove Gabrïello aperse l'ali.Ma Vaticano e l'altre parti elettedi Roma che son state cimiteroa la milizia che Pietro seguette,tosto libere fien de l'avoltero». |