Dante Alighieri
1265 - 1321
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La Divina commedia
Paradiso
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Canto VII
Canto VII, nel quale Beatrice mostra come la vendetta fatta per Tito de la morte di Gesù Cristo nostro Salvatore fue giusta, essendo la morte di Gesù Cristo giusta per ricomperamento de l'umana generazione e solvimento del peccato del primo padre.
Sandro Botticelli, Divina Commedia, par. 7 (disegno, 1485/90)
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«Osanna, sanctus Deus sabaòth,superillustrans claritate tuafelices ignes horum malacòth!».Così, volgendosi a la nota sua,fu viso a me cantare essa sustanza,sopra la qual doppio lume s'addua;ed essa e l'altre mossero a sua danza,e quasi velocissime favillemi si velar di sùbita distanza.Io dubitava e dicea Dille, dille!fra me, dille dicea, a la mia donnache mi diseta con le dolci stille.Ma quella reverenza che s'indonnadi tutto me, pur per Be e per ice,mi richinava come l'uom ch'assonna.Poco sofferse me cotal Beatricee cominciò, raggiandomi d'un risotal, che nel foco faria l'uom felice:«Secondo mio infallibile avviso,come giusta vendetta giustamentepunita fosse, t'ha in pensier miso;ma io ti solverò tosto la mente;e tu ascolta, ché le mie paroledi gran sentenza ti faran presente.Per non soffrire a la virtù che volefreno a suo prode, quell' uom che non nacque,dannando sé, dannò tutta sua prole;onde l'umana specie inferma giacquegiù per secoli molti in grande errore,fin ch'al Verbo di Dio discender piacqueu' la natura, che dal suo fattores'era allungata, unì a sé in personacon l'atto sol del suo etterno amore.Or drizza il viso a quel ch'or si ragiona:questa natura al suo fattore unita,qual fu creata, fu sincera e buona;ma per sé stessa pur fu ella sbanditadi paradiso, però che si torseda via di verità e da sua vita.La pena dunque che la croce porses'a la natura assunta si misura,nulla già mai sì giustamente morse;e così nulla fu di tanta ingiura,guardando a la persona che sofferse,in che era contratta tal natura.Però d'un atto uscir cose diverse:ch'a Dio e a' Giudei piacque una morte;per lei tremò la terra e 'l ciel s'aperse.Non ti dee oramai parer più forte,quando si dice che giusta vendettaposcia vengiata fu da giusta corte.Ma io veggi' or la tua mente ristrettadi pensiero in pensier dentro ad un nodo,del qual con gran disio solver s'aspetta.Tu dici: «Ben discerno ciò ch'i' odo;ma perché Dio volesse, m'è occulto,a nostra redenzion pur questo modo».Questo decreto, frate, sta sepultoa li occhi di ciascuno il cui ingegnone la fiamma d'amor non è adulto.Veramente, però ch'a questo segnomolto si mira e poco si discerne,dirò perché tal modo fu più degno.La divina bontà, che da sé sperneogne livore, ardendo in sé, sfavillasì che dispiega le bellezze etterne.Ciò che da lei sanza mezzo distillanon ha poi fine, perché non si movela sua imprenta quand' ella sigilla.Ciò che da essa sanza mezzo piovelibero è tutto, perché non soggiacea la virtute de le cose nove.Più l'è conforme, e però più le piace;ché l'ardor santo ch'ogne cosa raggia,ne la più somigliante è più vivace.Di tutte queste dote s'avvantaggial'umana creatura, e s'una manca,di sua nobilità convien che caggia.Solo il peccato è quel che la disfrancae falla dissimìle al sommo bene,per che del lume suo poco s'imbianca;e in sua dignità mai non rivene,se non rïempie, dove colpa vòta,contra mal dilettar con giuste pene.Vostra natura, quando peccò totanel seme suo, da queste dignitadi,come di paradiso, fu remota;né ricovrar potiensi, se tu badiben sottilmente, per alcuna via,sanza passar per un di questi guadi:o che Dio solo per sua cortesiadimesso avesse, o che l'uom per sé issoavesse sodisfatto a sua follia.Ficca mo l'occhio per entro l'abissode l'etterno consiglio, quanto puoial mio parlar distrettamente fisso.Non potea l'uomo ne' termini suoimai sodisfar, per non potere ir giusocon umiltate obedïendo poi,quanto disobediendo intese ir suso;e questa è la cagion per che l'uom fueda poter sodisfar per sé dischiuso.Dunque a Dio convenia con le vie sueriparar l'omo a sua intera vita,dico con l'una, o ver con amendue.Ma perché l'ovra tanto è più graditada l'operante, quanto più appresentade la bontà del core ond' ell' è uscita,la divina bontà che 'l mondo imprenta,di proceder per tutte le sue vie,a rilevarvi suso, fu contenta.Né tra l'ultima notte e 'l primo diesì alto o sì magnifico processo,o per l'una o per l'altra, fu o fie:ché più largo fu Dio a dar sé stessoper far l'uom sufficiente a rilevarsi,che s'elli avesse sol da sé dimesso;e tutti li altri modi erano scarsia la giustizia, se 'l Figliuol di Dionon fosse umilïato ad incarnarsi.Or per empierti bene ogne disio,ritorno a dichiararti in alcun loco,perché tu veggi lì così com' io.Tu dici: «Io veggio l'acqua, io veggio il foco,l'aere e la terra e tutte lor misturevenire a corruzione, e durar poco;e queste cose pur furon creature;per che, se ciò ch'è detto è stato vero,esser dovrien da corruzion sicure».Li angeli, frate, e 'l paese sinceronel qual tu se', dir si posson creati,sì come sono, in loro essere intero;ma li alimenti che tu hai nomatie quelle cose che di lor si fannoda creata virtù sono informati.Creata fu la materia ch'elli hanno;creata fu la virtù informantein queste stelle che 'ntorno a lor vanno.L'anima d'ogne bruto e de le piantedi complession potenzïata tiralo raggio e 'l moto de le luci sante;ma vostra vita sanza mezzo spirala somma beninanza, e la innamoradi sé sì che poi sempre la disira.E quinci puoi argomentare ancoravostra resurrezion, se tu ripensicome l'umana carne fessi allorache li primi parenti intrambo fensi». |