Dante Alighieri
1265 - 1321
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La Divina commedia
Paradiso
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Canto V
Canto V, nel quale solve una questione premessa nel precedente canto e ammaestra li cristiani intorno a li voti ch'elli fanno a Dio; ed entrasi nel cielo di Mercurio, e qui comincia la seconda parte di questa cantica.
Sandro Botticelli, Divina Commedia, par. 5 (disegno, 1485/90)
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«S'io ti fiammeggio nel caldo d'amoredi là dal modo che 'n terra si vede,sì che del viso tuo vinco il valore,non ti maravigliar, ché ciò procededa perfetto veder, che, come apprende,così nel bene appreso move il piede.Io veggio ben sì come già resplendene l'intelletto tuo l'etterna luce,che, vista, sola e sempre amore accende;e s'altra cosa vostro amor seduce,non è se non di quella alcun vestigio,mal conosciuto, che quivi traluce.Tu vuo' saper se con altro servigio,per manco voto, si può render tantoche l'anima sicuri di letigio».Sì cominciò Beatrice questo canto;e sì com' uom che suo parlar non spezza,continüò così 'l processo santo:«Lo maggior don che Dio per sua larghezzafesse creando, e a la sua bontatepiù conformato, e quel ch'e' più apprezza,fu de la volontà la libertate;di che le creature intelligenti,e tutte e sole, fuoro e son dotate.Or ti parrà, se tu quinci argomenti,l'alto valor del voto, s'è sì fattoche Dio consenta quando tu consenti;ché, nel fermar tra Dio e l'omo il patto,vittima fassi di questo tesoro,tal quale io dico; e fassi col suo atto.Dunque che render puossi per ristoro?Se credi bene usar quel c'hai offerto,di maltolletto vuo' far buon lavoro.Tu se' omai del maggior punto certo;ma perché Santa Chiesa in ciò dispensa,che par contra lo ver ch'i' t'ho scoverto,convienti ancor sedere un poco a mensa,però che 'l cibo rigido c'hai preso,richiede ancora aiuto a tua dispensa.Apri la mente a quel ch'io ti palesoe fermalvi entro; ché non fa scïenza,sanza lo ritenere, avere inteso.Due cose si convegnono a l'essenzadi questo sacrificio: l'una è quelladi che si fa; l'altr' è la convenenza.Quest' ultima già mai non si cancellase non servata; e intorno di leisì preciso di sopra si favella:però necessitato fu a li Ebreipur l'offerere, ancor ch'alcuna offertasì permutasse, come saver dei.L'altra, che per materia t'è aperta,puote ben esser tal, che non si fallase con altra materia si converta.Ma non trasmuti carco a la sua spallaper suo arbitrio alcun, sanza la voltae de la chiave bianca e de la gialla;e ogne permutanza credi stolta,se la cosa dimessa in la sorpresacome 'l quattro nel sei non è raccolta.Però qualunque cosa tanto pesaper suo valor che tragga ogne bilancia,sodisfar non si può con altra spesa.Non prendan li mortali il voto a ciancia;siate fedeli, e a ciò far non bieci,come Ieptè a la sua prima mancia;cui più si convenia dicer Mal feci,che, servando, far peggio; e così stoltoritrovar puoi il gran duca de' Greci,onde pianse Efigènia il suo bel volto,e fé pianger di sé i folli e i savich'udir parlar di così fatto cólto.Siate, Cristiani, a muovervi più gravi:non siate come penna ad ogne vento,e non crediate ch'ogne acqua vi lavi.Avete il novo e 'l vecchio Testamento,e 'l pastor de la Chiesa che vi guida;questo vi basti a vostro salvamento.Se mala cupidigia altro vi grida,uomini siate, e non pecore matte,sì che 'l Giudeo di voi tra voi non rida!Non fate com' agnel che lascia il lattede la sua madre, e semplice e lascivoseco medesmo a suo piacer combatte!».Così Beatrice a me com' ïo scrivo;poi si rivolse tutta disïantea quella parte ove 'l mondo è più vivo.Lo suo tacere e 'l trasmutar sembiantepuoser silenzio al mio cupido ingegno,che già nuove questioni avea davante;e sì come saetta che nel segnopercuote pria che sia la corda queta,così corremmo nel secondo regno.Quivi la donna mia vid' io sì lieta,come nel lume di quel ciel si mise,che più lucente se ne fé 'l pianeta.E se la stella si cambiò e rise,qual mi fec' io che pur da mia naturatrasmutabile son per tutte guise!Come 'n peschiera ch'è tranquilla e puratraggonsi i pesci a ciò che vien di foriper modo che lo stimin lor pastura,sì vid' io ben più di mille splendoritrarsi ver' noi, e in ciascun s'udia:«Ecco chi crescerà li nostri amori».E sì come ciascuno a noi venìa,vedeasi l'ombra piena di letizianel folgór chiaro che di lei uscia.Pensa, lettor, se quel che qui s'inizianon procedesse, come tu avrestidi più savere angosciosa carizia;e per te vederai come da questim'era in disio d'udir lor condizioni,sì come a li occhi mi fur manifesti.«O bene nato a cui veder li tronidel trïunfo etternal concede graziaprima che la milizia s'abbandoni,del lume che per tutto il ciel si spazianoi semo accesi; e però, se disiidi noi chiarirti, a tuo piacer ti sazia».Così da un di quelli spirti piidetto mi fu; e da Beatrice: «Dì, dìsicuramente, e credi come a dii».«Io veggio ben sì come tu t'annidinel proprio lume, e che de li occhi il traggi,perch' e' corusca sì come tu ridi;ma non so chi tu se', né perché aggi,anima degna, il grado de la sperache si vela a' mortai con altrui raggi».Questo diss' io diritto a la lumerache pria m'avea parlato; ond' ella fessilucente più assai di quel ch'ell' era.Sì come il sol che si cela elli stessiper troppa luce, come 'l caldo ha rósele temperanze d'i vapori spessi,per più letizia sì mi si nascosedentro al suo raggio la figura santa;e così chiusa chiusa mi rispuosenel modo che 'l seguente canto canta. |