Dante Alighieri
1265 - 1321
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La Divina commedia
Paradiso
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Canto IV
Canto IV, dove in quello medesimo cielo due veritadi si manifestano da Beatrice: l'una è del luogo de' beati, e l'altra si è de la voluntate mista e de la obsuluta; e propone terza questione del voto e se si puote satisfare al voto rotto e non osservato.
Sandro Botticelli, Divina Commedia, par. 4 (disegno, 1485/90)
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Intra due cibi, distanti e moventid'un modo, prima si morria di fame,che liber' omo l'un recasse ai denti;sì si starebbe un agno intra due bramedi fieri lupi, igualmente temendo;sì si starebbe un cane intra due dame:per che, s'i' mi tacea, me non riprendo,da li miei dubbi d'un modo sospinto,poi ch'era necessario, né commendo.Io mi tacea, ma 'l mio disir dipintom'era nel viso, e 'l dimandar con ello,più caldo assai che per parlar distinto.Fé sì Beatrice qual fé Danïello,Nabuccodonosor levando d'ira,che l'avea fatto ingiustamente fello;e disse: «Io veggio ben come ti tirauno e altro disio, sì che tua curasé stessa lega sì che fuor non spira.Tu argomenti: «Se 'l buon voler dura,la vïolenza altrui per qual ragionedi meritar mi scema la misura?».Ancor di dubitar ti dà cagioneparer tornarsi l'anime a le stelle,secondo la sentenza di Platone.Queste son le question che nel tuo vellepontano igualmente; e però priatratterò quella che più ha di felle.D'i Serafin colui che più s'india,Moïsè, Samuel, e quel Giovanniche prender vuoli, io dico, non Maria,non hanno in altro cielo i loro scanniche questi spirti che mo t'appariro,né hanno a l'esser lor più o meno anni;ma tutti fanno bello il primo giro,e differentemente han dolce vitaper sentir più e men l'etterno spiro.Qui si mostraro, non perché sortitasia questa spera lor, ma per far segnode la celestïal c'ha men salita.Così parlar conviensi al vostro ingegno,però che solo da sensato apprendeciò che fa poscia d'intelletto degno.Per questo la Scrittura condescendea vostra facultate, e piedi e manoattribuisce a Dio e altro intende;e Santa Chiesa con aspetto umanoGabrïel e Michel vi rappresenta,e l'altro che Tobia rifece sano.Quel che Timeo de l'anime argomentanon è simile a ciò che qui si vede,però che, come dice, par che senta.Dice che l'alma a la sua stella riede,credendo quella quindi esser decisaquando natura per forma la diede;e forse sua sentenza è d'altra guisache la voce non suona, ed esser puotecon intenzion da non esser derisa.S'elli intende tornare a queste ruotel'onor de la influenza e 'l biasmo, forsein alcun vero suo arco percuote.Questo principio, male inteso, torsegià tutto il mondo quasi, sì che Giove,Mercurio e Marte a nominar trascorse.L'altra dubitazion che ti commoveha men velen, però che sua malizianon ti poria menar da me altrove.Parere ingiusta la nostra giustiziane li occhi d'i mortali, è argomentodi fede e non d'eretica nequizia.Ma perché puote vostro accorgimentoben penetrare a questa veritate,come disiri, ti farò contento.Se vïolenza è quando quel che patenïente conferisce a quel che sforza,non fuor quest' alme per essa scusate:ché volontà, se non vuol, non s'ammorza,ma fa come natura face in foco,se mille volte vïolenza il torza.Per che, s'ella si piega assai o poco,segue la forza; e così queste feropossendo rifuggir nel santo loco.Se fosse stato lor volere intero,come tenne Lorenzo in su la grada,e fece Muzio a la sua man severo,così l'avria ripinte per la stradaond' eran tratte, come fuoro sciolte;ma così salda voglia è troppo rada.E per queste parole, se ricoltel'hai come dei, è l'argomento cassoche t'avria fatto noia ancor più volte.Ma or ti s'attraversa un altro passodinanzi a li occhi, tal che per te stessonon usciresti: pria saresti lasso.Io t'ho per certo ne la mente messoch'alma beata non poria mentire,però ch'è sempre al primo vero appresso;e poi potesti da Piccarda udireche l'affezion del vel Costanza tenne;sì ch'ella par qui meco contradire.Molte fïate già, frate, addivenneche, per fuggir periglio, contra gratosi fé di quel che far non si convenne;come Almeone, che, di ciò pregatodal padre suo, la propria madre spense,per non perder pietà si fé spietato.A questo punto voglio che tu penseche la forza al voler si mischia, e fannosì che scusar non si posson l'offense.Voglia assoluta non consente al danno;ma consentevi in tanto in quanto teme,se si ritrae, cadere in più affanno.Però, quando Piccarda quello spreme,de la voglia assoluta intende, e iode l'altra; sì che ver diciamo insieme».Cotal fu l'ondeggiar del santo rioch'uscì del fonte ond' ogne ver deriva;tal puose in pace uno e altro disio.«O amanza del primo amante, o diva»,diss' io appresso, «il cui parlar m'inondae scalda sì, che più e più m'avviva,non è l'affezion mia tanto profonda,che basti a render voi grazia per grazia;ma quei che vede e puote a ciò risponda.Io veggio ben che già mai non si sazianostro intelletto, se 'l ver non lo illustradi fuor dal qual nessun vero si spazia.Posasi in esso, come fera in lustra,tosto che giunto l'ha; e giugner puollo:se non, ciascun disio sarebbe frustra.Nasce per quello, a guisa di rampollo,a piè del vero il dubbio; ed è naturach'al sommo pinge noi di collo in collo.Questo m'invita, questo m'assicuracon reverenza, donna, a dimandarvid'un'altra verità che m'è oscura.Io vo' saper se l'uom può sodisfarviai voti manchi sì con altri beni,ch'a la vostra statera non sien parvi».Beatrice mi guardò con li occhi pienidi faville d'amor così divini,che, vinta, mia virtute diè le reni,e quasi mi perdei con li occhi chini. |