Dante Alighieri
1265 - 1321
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La Divina commedia
Paradiso
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Canto XII
Canto XII, nel quale frate Bonaventura da Bagnoregio in gloria di santo Dominico parla e brevemente la sua vita narra.
Sandro Botticelli, Divina Commedia, par. 12 (disegno, 1485/90)
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Sì tosto come l'ultima parolala benedetta fiamma per dir tolse,a rotar cominciò la santa mola;e nel suo giro tutta non si volseprima ch'un'altra di cerchio la chiuse,e moto a moto e canto a canto colse;canto che tanto vince nostre muse,nostre serene in quelle dolci tube,quanto primo splendor quel ch'e' refuse.Come si volgon per tenera nubedue archi paralelli e concolori,quando Iunone a sua ancella iube,nascendo di quel d'entro quel di fori,a guisa del parlar di quella vagach'amor consunse come sol vapori,e fanno qui la gente esser presaga,per lo patto che Dio con Noè puose,del mondo che già mai più non s'allaga:così di quelle sempiterne rosevolgiensi circa noi le due ghirlande,e sì l'estrema a l'intima rispuose.Poi che 'l tripudio e l'altra festa grande,sì del cantare e sì del fiammeggiarsiluce con luce gaudïose e blande,insieme a punto e a voler quetarsi,pur come li occhi ch'al piacer che i moveconviene insieme chiudere e levarsi;del cor de l'una de le luci novesi mosse voce, che l'ago a la stellaparer mi fece in volgermi al suo dove;e cominciò: «L'amor che mi fa bellami tragge a ragionar de l'altro ducaper cui del mio sì ben ci si favella.Degno è che, dov' è l'un, l'altro s'induca:sì che, com' elli ad una militaro,così la gloria loro insieme luca.L'essercito di Cristo, che sì carocostò a rïarmar, dietro a la 'nsegnasi movea tardo, sospeccioso e raro,quando lo 'mperador che sempre regnaprovide a la milizia, ch'era in forse,per sola grazia, non per esser degna;e, come è detto, a sua sposa soccorsecon due campioni, al cui fare, al cui direlo popol disvïato si raccorse.In quella parte ove surge ad aprireZefiro dolce le novelle frondedi che si vede Europa rivestire,non molto lungi al percuoter de l'ondedietro a le quali, per la lunga foga,lo sol talvolta ad ogne uom si nasconde,siede la fortunata Calarogasotto la protezion del grande scudoin che soggiace il leone e soggioga:dentro vi nacque l'amoroso drudode la fede cristiana, il santo atletabenigno a' suoi e a' nemici crudo;e come fu creata, fu repletasì la sua mente di viva vertuteche, ne la madre, lei fece profeta.Poi che le sponsalizie fuor compiuteal sacro fonte intra lui e la Fede,u' si dotar di mutüa salute,la donna che per lui l'assenso diede,vide nel sonno il mirabile fruttoch'uscir dovea di lui e de le rede;e perché fosse qual era in costrutto,quinci si mosse spirito a nomarlodel possessivo di cui era tutto.Domenico fu detto; e io ne parlosì come de l'agricola che Cristoelesse a l'orto suo per aiutarlo.Ben parve messo e famigliar di Cristo:che 'l primo amor che 'n lui fu manifesto,fu al primo consiglio che diè Cristo.Spesse fïate fu tacito e destotrovato in terra da la sua nutrice,come dicesse: Io son venuto a questo.Oh padre suo veramente Felice!oh madre sua veramente Giovanna,se, interpretata, val come si dice!Non per lo mondo, per cui mo s'affannadi retro ad Ostïense e a Taddeo,ma per amor de la verace mannain picciol tempo gran dottor si feo;tal che si mise a circüir la vignache tosto imbianca, se 'l vignaio è reo.E a la sedia che fu già benignapiù a' poveri giusti, non per lei,ma per colui che siede, che traligna,non dispensare o due o tre per sei,non la fortuna di prima vacante,non decimas, quae sunt pauperum Dei,addimandò, ma contro al mondo errantelicenza di combatter per lo semedel qual ti fascian ventiquattro piante.Poi, con dottrina e con volere insieme,con l'officio appostolico si mossequasi torrente ch'alta vena preme;e ne li sterpi eretici percossel'impeto suo, più vivamente quividove le resistenze eran più grosse.Di lui si fecer poi diversi rivionde l'orto catolico si riga,sì che i suoi arbuscelli stan più vivi.Se tal fu l'una rota de la bigain che la Santa Chiesa si difesee vinse in campo la sua civil briga,ben ti dovrebbe assai esser palesel'eccellenza de l'altra, di cui Tommadinanzi al mio venir fu sì cortese.Ma l'orbita che fé la parte sommadi sua circunferenza, è derelitta,sì ch'è la muffa dov' era la gromma.La sua famiglia, che si mosse drittacoi piedi a le sue orme, è tanto volta,che quel dinanzi a quel di retro gitta;e tosto si vedrà de la ricoltade la mala coltura, quando il logliosi lagnerà che l'arca li sia tolta.Ben dico, chi cercasse a foglio a foglionostro volume, ancor troveria cartau' leggerebbe «I' mi son quel ch'i' soglio»;ma non fia da Casal né d'Acquasparta,là onde vegnon tali a la scrittura,ch'uno la fugge e altro la coarta.Io son la vita di Bonaventurada Bagnoregio, che ne' grandi officisempre pospuosi la sinistra cura.Illuminato e Augustin son quici,che fuor de' primi scalzi poverelliche nel capestro a Dio si fero amici.Ugo da San Vittore è qui con elli,e Pietro Mangiadore e Pietro Spano,lo qual giù luce in dodici libelli;Natàn profeta e 'l metropolitanoCrisostomo e Anselmo e quel Donatoch'a la prim' arte degnò porre mano.Rabano è qui, e lucemi dallatoil calavrese abate Giovacchinodi spirito profetico dotato.Ad inveggiar cotanto paladinomi mosse l'infiammata cortesiadi fra Tommaso e 'l discreto latino;e mosse meco questa compagnia». |