Dante Alighieri
1265 - 1321
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La Divina commedia
Purgatorio
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Canto II
Canto secondo, nel quale tratta de la prima qualitade cioè dilettazione di vanitade, nel quale peccato inviluppati sono puniti proprio fuori del purgatorio in uno piano, e in persona di costoro nomina il Casella, uomo di corte.
Sandro Botticelli, Divina Commedia, pur. 2 (disegno, 1485/90)
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Già era 'l sole a l'orizzonte giuntolo cui meridïan cerchio coverchiaIerusalèm col suo più alto punto;e la notte, che opposita a lui cerchia,uscia di Gange fuor con le Bilance,che le caggion di man quando soverchia;sì che le bianche e le vermiglie guance,là dov' i' era, de la bella Auroraper troppa etate divenivan rance.Noi eravam lunghesso mare ancora,come gente che pensa a suo cammino,che va col cuore e col corpo dimora.Ed ecco, qual, sorpreso dal mattino,per li grossi vapor Marte rosseggiagiù nel ponente sovra 'l suol marino,cotal m'apparve, s'io ancor lo veggia,un lume per lo mar venir sì ratto,che 'l muover suo nessun volar pareggia.Dal qual com' io un poco ebbi ritrattol'occhio per domandar lo duca mio,rividil più lucente e maggior fatto.Poi d'ogne lato ad esso m'apparioun non sapeva che bianco, e di sottoa poco a poco un altro a lui uscìo.Lo mio maestro ancor non facea motto,mentre che i primi bianchi apparver ali;allor che ben conobbe il galeotto,gridò: «Fa, fa che le ginocchia cali.Ecco l'angel di Dio: piega le mani;omai vedrai di sì fatti officiali.Vedi che sdegna li argomenti umani,sì che remo non vuol, né altro veloche l'ali sue, tra liti sì lontani.Vedi come l'ha dritte verso 'l cielo,trattando l'aere con l'etterne penne,che non si mutan come mortal pelo».Poi, come più e più verso noi vennel'uccel divino, più chiaro appariva:per che l'occhio da presso nol sostenne,ma chinail giuso; e quei sen venne a rivacon un vasello snelletto e leggero,tanto che l'acqua nulla ne 'nghiottiva.Da poppa stava il celestial nocchiero,tal che faria beato pur descripto;e più di cento spirti entro sediero.In exitu Isräel de Aegyptocantavan tutti insieme ad una vocecon quanto di quel salmo è poscia scripto.Poi fece il segno lor di santa croce;ond' ei si gittar tutti in su la piaggia:ed el sen gì, come venne, veloce.La turba che rimase lì, selvaggiaparea del loco, rimirando intornocome colui che nove cose assaggia.Da tutte parti saettava il giornolo sol, ch'avea con le saette contedi mezzo 'l ciel cacciato Capricorno,quando la nova gente alzò la frontever' noi, dicendo a noi: «Se voi sapete,mostratene la via di gire al monte».E Virgilio rispuose: «Voi credeteforse che siamo esperti d'esto loco;ma noi siam peregrin come voi siete.Dianzi venimmo, innanzi a voi un poco,per altra via, che fu sì aspra e forte,che lo salire omai ne parrà gioco».L'anime, che si fuor di me accorte,per lo spirare, ch'i' era ancor vivo,maravigliando diventaro smorte.E come a messagger che porta ulivotragge la gente per udir novelle,e di calcar nessun si mostra schivo,così al viso mio s'affisar quelleanime fortunate tutte quante,quasi oblïando d'ire a farsi belle.Io vidi una di lor trarresi avanteper abbracciarmi con sì grande affetto,che mosse me a far lo somigliante.Ohi ombre vane, fuor che ne l'aspetto!tre volte dietro a lei le mani avvinsi,e tante mi tornai con esse al petto.Di maraviglia, credo, mi dipinsi;per che l'ombra sorrise e si ritrasse,e io, seguendo lei, oltre mi pinsi.Soavemente disse ch'io posasse;allor conobbi chi era, e pregaiche, per parlarmi, un poco s'arrestasse.Rispuosemi: «Così com' io t'amainel mortal corpo, così t'amo sciolta:però m'arresto; ma tu perché vai?».«Casella mio, per tornar altra voltalà dov' io son, fo io questo vïaggio»,diss' io; «ma a te com' è tanta ora tolta?».Ed elli a me: «Nessun m'è fatto oltraggio,se quei che leva quando e cui li piace,più volte m'ha negato esto passaggio;ché di giusto voler lo suo si face:veramente da tre mesi elli ha toltochi ha voluto intrar, con tutta pace.Ond' io, ch'era ora a la marina vòltodove l'acqua di Tevero s'insala,benignamente fu' da lui ricolto.A quella foce ha elli or dritta l'ala,però che sempre quivi si ricogliequal verso Acheronte non si cala».E io: «Se nuova legge non ti togliememoria o uso a l'amoroso cantoche mi solea quetar tutte mie doglie,di ciò ti piaccia consolare alquantol'anima mia, che, con la sua personavenendo qui, è affannata tanto!».Amor che ne la mente mi ragionacominciò elli allor sì dolcemente,che la dolcezza ancor dentro mi suona.Lo mio maestro e io e quella gentech'eran con lui parevan sì contenti,come a nessun toccasse altro la mente.Noi eravam tutti fissi e attentia le sue note; ed ecco il veglio onestogridando: «Che è ciò, spiriti lenti?qual negligenza, quale stare è questo?Correte al monte a spogliarvi lo scoglioch'esser non lascia a voi Dio manifesto».Come quando, cogliendo biado o loglio,li colombi adunati a la pastura,queti, sanza mostrar l'usato orgoglio,se cosa appare ond' elli abbian paura,subitamente lasciano star l'esca,perch' assaliti son da maggior cura;così vid' io quella masnada frescalasciar lo canto, e fuggir ver' la costa,com' om che va, né sa dove rïesca;né la nostra partita fu men tosta. |