Dante Alighieri
1265 - 1321
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La Divina commedia
Purgatorio
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Canto I
Comincia la seconda parte overo cantica de la Comedia di Dante Allaghieri di Firenze, ne la quale parte si purgano li commessi peccati e vizi de' quali l'uomo è confesso e pentuto con animo di sodisfazione; e contiene XXXIII canti. Qui sono quelli che sperano di venire quando che sia a le beate genti.
Sandro Botticelli, Divina Commedia, pur. 1 (disegno, 1485/90)
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Per correr miglior acque alza le veleomai la navicella del mio ingegno,che lascia dietro a sé mar sì crudele;e canterò di quel secondo regnodove l'umano spirito si purgae di salire al ciel diventa degno.Ma qui la morta poesì resurga,o sante Muse, poi che vostro sono;e qui Calïopè alquanto surga,seguitando il mio canto con quel suonodi cui le Piche misere sentirolo colpo tal, che disperar perdono.Dolce color d'orïental zaffiro,che s'accoglieva nel sereno aspettodel mezzo, puro infino al primo giro,a li occhi miei ricominciò diletto,tosto ch'io usci' fuor de l'aura mortache m'avea contristati li occhi e 'l petto.Lo bel pianeto che d'amar confortafaceva tutto rider l'orïente,velando i Pesci ch'erano in sua scorta.I' mi volsi a man destra, e puosi mentea l'altro polo, e vidi quattro stellenon viste mai fuor ch'a la prima gente.Goder pareva 'l ciel di lor fiammelle:oh settentrïonal vedovo sito,poi che privato se' di mirar quelle!Com' io da loro sguardo fui partito,un poco me volgendo a l 'altro polo,là onde 'l Carro già era sparito,vidi presso di me un veglio solo,degno di tanta reverenza in vista,che più non dee a padre alcun figliuolo.Lunga la barba e di pel bianco mistaportava, a' suoi capelli simigliante,de' quai cadeva al petto doppia lista.Li raggi de le quattro luci santefregiavan sì la sua faccia di lume,ch'i' 'l vedea come 'l sol fosse davante.«Chi siete voi che contro al cieco fiumefuggita avete la pregione etterna?»,diss' el, movendo quelle oneste piume.«Chi v'ha guidati, o che vi fu lucerna,uscendo fuor de la profonda notteche sempre nera fa la valle inferna?Son le leggi d'abisso così rotte?o è mutato in ciel novo consiglio,che, dannati, venite a le mie grotte?».Lo duca mio allor mi diè di piglio,e con parole e con mani e con cennireverenti mi fé le gambe e 'l ciglio.Poscia rispuose lui: «Da me non venni:donna scese del ciel, per li cui prieghide la mia compagnia costui sovvenni.Ma da ch'è tuo voler che più si spieghidi nostra condizion com' ell' è vera,esser non puote il mio che a te si nieghi.Questi non vide mai l'ultima sera;ma per la sua follia le fu sì presso,che molto poco tempo a volger era.Sì com' io dissi, fui mandato ad essoper lui campare; e non lì era altra viache questa per la quale i' mi son messo.Mostrata ho lui tutta la gente ria;e ora intendo mostrar quelli spirtiche purgan sé sotto la tua balìa.Com' io l'ho tratto, saria lungo a dirti;de l'alto scende virtù che m'aiutaconducerlo a vederti e a udirti.Or ti piaccia gradir la sua venuta:libertà va cercando, ch'è sì cara,come sa chi per lei vita rifiuta.Tu 'l sai, ché non ti fu per lei amarain Utica la morte, ove lasciastila vesta ch'al gran dì sarà sì chiara.Non son li editti etterni per noi guasti,ché questi vive e Minòs me non lega;ma son del cerchio ove son li occhi castidi Marzia tua, che 'n vista ancor ti priega,o santo petto, che per tua la tegni:per lo suo amore adunque a noi ti piega.Lasciane andar per li tuoi sette regni;grazie riporterò di te a lei,se d'esser mentovato là giù degni».«Marzïa piacque tanto a li occhi mieimentre ch'i' fu' di là», diss' elli allora,«che quante grazie volse da me, fei.Or che di là dal mal fiume dimora,più muover non mi può, per quella leggeche fatta fu quando me n'usci' fora.Ma se donna del ciel ti move e regge,come tu di', non c'è mestier lusinghe:bastisi ben che per lei mi richegge.Va dunque, e fa che tu costui ricinghed'un giunco schietto e che li lavi 'l viso,sì ch'ogne sucidume quindi stinghe;ché non si converria, l'occhio sorprisod'alcuna nebbia, andar dinanzi al primoministro, ch'è di quei di paradiso.Questa isoletta intorno ad imo ad imo,là giù colà dove la batte l'onda,porta di giunchi sovra 'l molle limo:null' altra pianta che facesse frondao indurasse, vi puote aver vita,però ch'a le percosse non seconda.Poscia non sia di qua vostra reddita;lo sol vi mosterrà, che surge omai,prendere il monte a più lieve salita».Così sparì; e io sù mi levaisanza parlare, e tutto mi ritrassial duca mio, e li occhi a lui drizzai.El cominciò: «Figliuol, segui i miei passi:volgianci in dietro, ché di qua dichinaquesta pianura a' suoi termini bassi».L'alba vinceva l'ora mattutinache fuggia innanzi, sì che di lontanoconobbi il tremolar de la marina.Noi andavam per lo solingo pianocom' om che torna a la perduta strada,che 'nfino ad essa li pare ire in vano.Quando noi fummo là 've la rugiadapugna col sole, per essere in partedove, ad orezza, poco si dirada,ambo le mani in su l'erbetta spartesoavemente 'l mio maestro pose:ond' io, che fui accorto di sua arte,porsi ver' lui le guance lagrimose;ivi mi fece tutto discovertoquel color che l'inferno mi nascose.Venimmo poi in sul lito diserto,che mai non vide navicar sue acqueomo, che di tornar sia poscia esperto.Quivi mi cinse sì com' altrui piacque:oh maraviglia! ché qual elli scelsel'umile pianta, cotal si rinacquesubitamente là onde l'avelse. |