BIBLIOTHECA AUGUSTANA

 

Silvio Pellico

1789 - 1854

 

Le mie prigioni

 

1832

 

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[181]

Capo LIII.

 

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ALLE 9 antimeridiane, Maroncelli ed io fummo fatti entrare in gondola, e ci condussero in città. Approdammo al palazzo del doge, e salimmo alle carceri. Ci misero nella stanza ove pochi giorni prima era il signor Caporali; ignoro ove questi fosse stato tradotto. Nove o dieci sbirri sedeano a farci guardia, e noi passeggiando aspettavamo l'istante di esser tratti in piazza. L'aspettazione fu lunga. Comparve soltanto a mezzodì l'inquisitore, ad annunciarci che bisognava andare. Il medico si presentò, suggerendoci di bere un bicchierino d'acqua di menta; accettammo, e fummo grati, non tanto di questa, quanto della profonda compassione che il buon vecchio ci dimostrava. Era il dottor Dosmo. S'avanzò quindi il capo-sbirro, e ci pose le manette. Seguimmo lui, accompagnati dagli altri sbirri.

Scendemmo la magnifica scala de' giganti, ci ricordammo del doge Marin Faliero, ivi [182] decapitato, entrammo nel gran portone che dal cortile del palazzo mette sulla piazzetta, e qui giunti voltammo verso la laguna. A mezzo della piazzetta era il palco ove dovemmo salire. Dalla scala de' giganti fino a quel palco stavano due file di soldati tedeschi; passammo in mezzo ad esse.

Montati là sopra, guardammo intorno, e vedemmo in quell'immenso popolo il terrore. Per varie parti in lontananza schieravansi altri armati. Ci fu detto, esservi i cannoni colle micce accese dappertutto.

Ed era quella piazzetta, ove nel settembre 1820, un mese prima del mio arresto, un mendico aveami detto: – Questo è luogo di disgrazia! –

Sovvennemi di quel mendico, e pensai: – Chi sa, che in tante migliaia di spettatori non siavi anch'egli, e forse mi ravvisi? –

Il capitano tedesco gridò, che ci volgessimo verso il palazzo e guardassimo in alto. Obbedimmo, e vedemmo sulla loggia un curiale con una carta in mano. Era la sentenza. La lesse con voce elevata.

 

La lettura pubblica della sentenza che condannò Pellico e Maroncelli allo Spielberg

 

Regnò profondo silenzio sino all'espressione: [183] condannati a morte. Allora s'alzò un generale mormorio di compassione. Successe nuovo silenzio per udire il resto della lettura. Nuovo mormorio s'alzò all'espressione: condannati a carcere duro, Maroncelli per vent'anni, e Pellico per quindici.

Il capitano ci fe' cenno di scendere. Gettammo un'altra volta lo sguardo intorno, e scendemmo. Rientrammo nel cortile, risalimmo lo scalone, tornammo nella stanza donde eravamo stati tratti, ci tolsero le manette, indi fummo ricondotti a San Michele.

 

 

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REGNO LOMBARDO-VENETO.

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SENTENZA.

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Visti, ed esaminati gli atti d' inquisizione della commissione Speciale eretta in Venezia contro la setta dei Carbonari costrutti contro

1. PIETRO MARONCELLI nativo di Forlì;

2. SILVIO PELLICO di Saluzzo ;

3. ANGOLO del fu GIOVANNI CANOVA di Torino;

4. ADEODATO RESSI di Cervia;

5. GIACOMO ALFREDO REZIA di Bellaggio,

Imputati i tre primi del delitto di alto tradimento, i duultimi di correità nel delitto medesimo,

Vista la consultiva sentenza della detta commissione speciale di prima istanza del di 10 agosto 1821,

Vista la consultiva sentenza della commissione di seconda istanza, egualmente istituita contro la setta dei Carbonari, del giorno 9 settembre 1821,

Il cesareo regio senato Lombardo- Veneto del supremo tribunale di giustizia sedente in Verona, con sua decisione 6 dicembre 1821 ha dichiarato:

Il Maroncelli, il Pellico, il Canova rei del delitto di alto tradimento, e gli ha condannati alla pena di morte.

Ha pure dichiarato: essere il Ressi, e Giacomo Alfredo Rezia correi del delitto di alto tradimento, e perciò condannati i medesimi alla pena del Carcere duro in vita, e tutti insieme al pagamento delle spese processuali ed alimentarie, colle riserve del §. 537 del Codice Penale.

Subordinati gli atti colle relative Sentenze a Sua SACRA CESAREA REGIO MAESTA APOSTOLICA, l' altefata MAESTA SUA con vene­ratissima Sovrana Risoluzione 6 Febbrajo 1822 si è clementissimamente degnata di condonare, in via di grazia, al Maroncelli, al Pellico, al Canova la meritata pena di morte, ed al Ressi ed a Giacomo Alfredo Rezia quella del carcere duro in vita, ed ha invece ordinato, che debbano subire la pena del duro Carcere il Maroncelli per venti anni, il Pellico per quindici, il Canova e Ressi per cinque, il Rezia per tre, tutti in una Fortezza, quelli condannati ad un Carcere più lungo, cioè Maroncelli e Pellico sullo Spielberg, e quelli condannati ad un tempo minore, cioè Canova, Ressi e Rezia nel castello di Lubiana, cessando ora, in quanto ad Adeodato Ressi la disposizione attesa la di lui morte naturale dopo l' ultima Sentenza avvenuta. Scontata la pena, quelli fra i delinquenti che sono Sudditi Esteri, verranno banditi.

Tale Suprema Decisione, e tale clementissima Sovrana Risoluzione vengono portate a pubblica notizia in esecuzione del venerato Aulico Decreto del Senato Lombardo-Veneto del Supremo Tribunale di Giustizia 13 corrente No. 409, partecipata col rispettato dispaccio dell' Imperiale Regia Commissione Speciale di seconda Istanza 16 detto mese, No. 34.

Dall' Imp. Regia Commissione Speciale di prima Istanza

Venezia li 21 Febbrajo 1822.

 

GUGLIELMO CONTE GARDANI Presidente.

 

DE' ROSMINI Segretario.