Silvio Pellico
1789 - 1854
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Le mie prigioni
1832
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Capo XVI.
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VOLSERO alcuni giorni, ed io era nel medesimo stato; cioè in una mestizia dolce, piena di pace e di pensieri religiosi. Pareami d'aver trionfato d'ogni debolezza, e di non essere più accessibile ad alcuna inquietudine. Folle illusione! L'uomo dee tendere alla perfetta costanza, ma non vi giunge mai sulla terra. Che mi turbò? – La vista d'un amico infelice; la vista del mio buon Piero, che passò pochi palmi di distanza da me, sulla galleria, mentr'io era alla finestra. L'aveano tratto dal suo covile per condurlo alle carceri criminali.Egli, e coloro che l'accompagnavano, passarono così presto, che appena ebbi campo a riconoscerlo, a vedere un suo cenno di saluto, ed a restituirglielo.Povero giovane! Nel fiore dell'età, con un ingegno di splendide speranze, con un carattere onesto, delicato, amantissimo, fatto per godere gloriosamente della vita, precipitato in prigione [49] per cose politiche, in tempo da non poter certamente evitare i più severi fulmini della legge!Mi prese tal compassione di lui, tale affanno di non poterlo redimere, di non poterlo almeno confortare colla mia presenza e colle mie parole, che nulla valeva a rendermi un poco di calma. Io sapeva quant'egli amasse sua madre, suo fratello, le sue sorelle, il cognato, i nipotini; quant'egli agognasse contribuire alla loro felicità, quanto fosse riamato da tutti quei cari oggetti. Io sentiva qual dovesse essere l'afflizione di ciascun di loro a tanta disgrazia. Non vi sono termini per esprimere la smania che allora s'impadronì di me. E questa smania si prolungò cotanto, ch'io disperava di più sedarla.Anche questo spavento era un'illusione. O afflitti, che vi credete preda d'un ineluttabile, orrendo, sempre crescente dolore, pazientate alquanto, e vi disingannerete! Nè somma pace, nè somma inquietudine possono durare quaggiù. Conviene persuadersi di questa verità, per non insuperbire nelle ore felici e non avvilirsi in quelle del perturbamento.A lunga smania successe stanchezza ed apatia. Ma l'apatia neppure non è durevole, e temetti [50] di dover, quindi in poi, alternare senza rifugio tra questa e l'opposto eccesso. Inorridii alla prospettiva di simile avvenire, e ricorsi anche questa volta ardentemente alla preghiera.Io dimandai a Dio d'assistere il mio misero Pietro come me, e la sua casa come la mia. Solo ripetendo questi voti potei veramente tranquillarmi. |