Virginia Galilei
1600 - 1634
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Lettere al padre
1623
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11.
In VillaSan Matteo, 29 ottobre [1623 ?]
Molto Illustre e Amatissimo Signor Padre.
S'io volessi con parole ringraziar V. S. del presente fattoci, oltre che non saprei a pieno sodisfare al nostro debito, credo che a lei non sarebbe molto grato, come quella che, per sua benignità, ricerca più presto da noi gratitudine d'animo che dimostrazioni di parole e cerimonie. Sarà dunque meglio che nel miglior modo che possiamo, ch'è con l'orazione, cerchiamo di riconoscere e ricompensar questo e altri infiniti, e di gran lunga maggiori, benefizi che da lei ricevuti abbiamo.Gl'avevo domandato dieci braccia di roba, con intenzione che pigliassi rovescio stretto e non questo panno di tanta spesa e così largo e bello, quale sarà più che a bastanza per farne le camiciuole.Lascio pensar a lei quale sia il contento che sento in legger le sue lettere che continuamente mi manda; che solo il vedere con quale affetto V. S. si compiace di farmi partecipe e consapevole di tutti i favori, che riceve da questi signori, è bastante a riempirmi d'allegrezza. Se bene il sentire che così presto deve partirsi mi pare un poco aspro, per aver a restar priva di lei, e mi vado immaginando che sarà per lungo tempo, né credo d'ingannarmi.E V. S. può credermi, poiché gli dico il vero, che dopo lei, io non ho altri che possa darmi consolazione alcuna; non per questo mi voglio dolere della sua partita, parendomi che più presto mi dorrei de' suoi contenti; anzi me ne rallegro, e prego e pregherò sempre Nostro Signore che gli conceda perfetta sanità e grazia di poter far questo viaggio prosperamente, acciò con maggior contento possa poi tornarsene in qua, e viver felice molti anni: che così spero che sia per seguire con l'aiuto di Dio.Gli raccomando bene il nostro povero fratello, se ben so che seco non occorre, e la prego ormai a perdonargli il suo errore, scusando la sua poca età ch'è quella che l'ha indotto a commetter questo fallo, che, per esser stato il primo, merita perdono: sì che torno a pregarla che di grazia lo meni in sua compagnia a Roma, e là, dove non gli mancheranno l'occasioni, gli dia quegli aiuti che l'obbligo paterno e la sua natural benignità e amorevolezza ricercano.Ma perché temo di non venirgli a fastidio, finisco di scrivere, senza finir mai di raccomandarmeli in grazia. E gli ricordo che ci è debitore d'una visita che ci ha promesso, è molto tempo. Suor Arcangela e l'altre di camera la salutano infinite volte.
figliuola AffezionatissimaS. M. Celeste G. |