BIBLIOTHECA AUGUSTANA

 

Dante Alighieri

1265 - 1321

 

Le rime petrose

 

1296/1305

 

Testo:

Dante Alighieri.

Vita Nuova e Rime

a cura di Guido Davico Bonino.

Milano: Arnoldo Mondadori Editore, 1985

 

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Io son venuto al punto de la rota (rime 100)

Al poco giorno e al gran cerchio d'ombra (rime 101)

Amor, tu vedi ben che questa donna (rime 102)

Così nel mio parlar voglio esser aspro (rime 103)

 

 

I

Io son venuto al punto de la rota

che l'orizzonte, quando il sol si corca,

ci partorisce il geminato cielo,

e la stella d'amor ci sta remota

5

per lo raggio lucente che la 'nforca

sì di traverso che le si fa velo;

e quel pianeta che conforta il gelo

si mostra tutto a noi per lo grand'arco

nel qual ciascun di sette fa poca ombra:

10

e però non disgombra

un sol penser d'amore, ond'io son carco,

la mente mia, ch'è più dura che petra

in tener forte imagine di petra.

Levasi de la rena d'Etiopia

15

lo vento peregrin che l'aere turba,

per la spera del sol ch'ora la scalda;

e passa il mare, onde conduce copia

di nebbia tal, che, s'altro non la sturba,

questo emisperio chiude tutto e salda;

20

e poi si solve, e cade in bianca falda

di fredda neve ed in noiosa pioggia,

onde l'aere s'attrista tutto e piagne:

e Amor, che sue ragne

ritira in alto pel vento che poggia,

25

non m'abbandona, sì è bella donna

questa crudel che m'è data per donna.

Fuggito è ogne augel che l' caldo segue

del paese d'Europa, che non perde

le sette stelle gelide unquemai;

30

e li altri han posto a le lor voci triegue

per non sonarle infino al tempo verde,

se ciò non fosse per cagion di guai;

e tutti li animali che son gai

di lor natura, son d'amor disciolti,

35

però che 'l freddo lor spirito ammorta:

e 'l mio più d'amor porta;

ché li dolzi pensier non mi son tolti

né mi son dati per volta di tempo,

ma donna li mi dà c'ha picciol tempo.

40

Passato hanno lor termine le fronde

che trasse fuor la vertù d'Ariete

per adornare il mondo, e morta è l'erba;

ramo di foglia verde a noi s'asconde

se non se in lauro, in pino o in abete

45

o in alcun che sua verdura serba;

e tanto è la stagion forte ed acerba,

c'ha morti li fioretti per le piagge,

li quai non poten tollerar la brina:

e la crudele spina

50

però Amor di cor non la mi tragge;

per ch'io son fermo di portarla sempre

ch'io sarò in vita, s'io vivesse sempre.

Versan le vene le fummifere acque

per li vapor' che la terra ha nel ventre,

55

che d'abisso li tira suso in alto;

onde cammino al bel giorno mi piacque

che ora è fatto rivo, e sarà mentre

che durerà del verno il grande assalto;

la terra fa un suol che par di smalto,

60

e l'acqua morta si converte in vetro

per la freddura che di fuor la serra:

e io de la mia guerra

non son però tornato un passo a retro,

né vo' tornar; ché se 'l martiro è dolce,

65

la morte de' passare ogni altro dolce.

Canzon, or che sarà di me ne l'altro

dolce tempo novello, quando piove

amore in terra da tutti li cieli,

quando per questi geli

70

amore è solo in me, e non altrove?

Saranne quello ch'è d'un uom di marmo,

se in pargoletta fia per core un marmo.

 

 

II

Al poco giorno e al gran cerchio d'ombra

son giunto, lasso, ed al bianchir de' colli,

quando si perde lo color ne l'erba:

e 'l mio disio però non cangia il verde,

5

sì è barbato ne la dura petra

che parla e sente come fosse donna.

Similemente questa nova donna

si sta gelata come neve a l'ombra:

ché non la move, se non come petra,

10

il dolce tempo che riscalda i colli

e che li fa tornar di bianco in verde

perché li copre di fioretti e d'erba.

Quand'ella ha in testa una ghirlanda d'erba,

trae de la mente nostra ogn'altra donna:

15

perché si mischia il crespo giallo e 'l verde

si bel, ch'Amor lì viene a stare a l'ombra,

che m'ha serrato intra piccioli colli

più forte assai che la calcina petra.

La sua bellezza ha più vertù che petra,

20

e 'l colpo suo non può sanar per erba.

ch'io son fuggito per piani e per colli,

per potere scampar da cotal donna;

e dal suo lume non mi può far ombra

poggio né muro mai né fronda verde.

25

Io l'ho veduta già vestita a verde,

sì fatta ch'ella avrebbe messo in petra

l'amor ch'io porto pur a la sua ombra:

ond'io l'ho chesta in un bel prato d'erba

innamorata com'anco fu donna,

30

e chiuso intorno d'altissimi colli.

Ma ben ritorneranno i fiumi a' colli,

prima che questo legno molle e verde

s'infiammi, come suol far bella donna,

di me; che mi torrei dormire in petra

35

tutto il mio tempo e gir pascendo l'erba,

sol per veder do' suoi panni fanno ombra.

Quantunque i colli fanno più nera ombra,

sotto un bel verde la giovane donna

la fa sparer, com'uom petra sott'erba.

 

 

III

Amor, tu vedi ben che questa donna

la tua vertù non cura in alcun tempo,

che suol de l'altre belle farsi donna;

e poi s'accorse ch'ell'era mia donna

5

per lo tuo raggio ch'al volto mi luce,

d'ogni crudelità si fece donna;

sì che non par ch'ell'abbia cor di donna,

ma di qual fiera l'ha d'amor più freddo:

ché per lo tempo caldo e per lo freddo

10

mi fa sembiante pur come una donna

che fosse fatta d'una bella petra

per man di quei che me' intagliasse in petra.

Ed io, che son costante più che petra

in ubidirti per bieltà di donna,

15

porto nascoso il colpo de la petra,

con la qual tu mi desti come a petra,

che t'avesse innoiato lungo tempo,

tal che m'andò al core ov'io son petra.

E mai non si scoperse alcuna petra

20

o da splendor di sole o da sua luce,

che tanta avesse né vertù né luce

che mi potesse atar da questa petra,

sì ch'ella non mi meni col suo freddo

colà dov'io sarò di morte freddo.

25

Segnor, tu sai che per algente freddo

l'acqua diventa cristallina petra

là sotto tramontana ov'è il gran freddo,

e l'aere sempre in elemento freddo

vi si converte, sì che l'acqua è donna

30

in quella parte per cagion dd freddo:

così dinanzi dal sembiante freddo

mi ghiaccia sopra il sangue d'ogne tempo

e quel pensiero che m'accorcia il tempo

mi si converte tutto in corpo freddo,

35

che m'esce poi per mezzo de la luce

là ond'entrò la dispietata luce.

In lei s'accoglie d'ogni bieltà luce:

così di tutta crudeltate il freddo

le corre al core, ove non va tua luce:

40

per che ne li occhi sì bella mi luce

quando la miro, ch'io la veggio in petra,

e po' in ogni altro ov'io volga mia luce.

Da li occhi suoi mi ven la dolce luce

che mi fa non caler d'ogn'altra donna:

45

così foss'ella più pietosa donna

ver me, che chiamo di notte e di luce,

solo per lei servire, e luogo e tempo.

Né per altro disio viver gran tempo.

Però, Vertù che se' prima che tempo,

50

prima che moto o che sensibil luce,

increscati di me, c'ho sì mal tempo;

entrale in core omai, ché ben n'è tempo,

sì che per te se n'esca fuor lo freddo

che non mi lascia aver, com'altri, tempo:

55

ché se mi giunge lo tuo forte tempo

in tale stato, questa gentil petra

mi vedrà coricare in poca petra,

per non levarmi se non dopo il tempo,

quando vedrò se mai fu bella donna

60

nel mondo come questa acerba donna.

Canzone, io porto ne la mente donna

tal che, con tutto ch'ella mi sia petra,

mi dà baldanza, ond'ogni uom mi par freddo:

sì ch'io ardisco a far per questo freddo

65

la novità che per tua forma luce,

che non fu mai pensata in alcun tempo.

 

 

IV

Così nel mio parlar voglio esser aspro

com'è ne li atti questa bella petra,

la quale ognora impetra

maggior durezza e più natura cruda,

5

e veste sua persona d'un diaspro

tal che per lui, o perch'ella s'arretra,

non esce di faretra

saetta che già mai la colga ignuda;

ed ella ancide, e non val ch'om si chiuda

10

né si dilunghi da' colpi mortali,

che, com'avesser ali,

giungono altrui e spezzan ciascun'arme:

sì ch'io non so da lei né posso atarme.

Non trovo scudo ch'ella non mi spezzi

15

né loco che dal suo viso m'asconda;

ché, come fior di fronda,

così de la mia mente tien la cima.

Cotanto del mio mal par che si prezzi,

quanto legno di mar che non lieva onda;

20

e 'l peso che m'affonda

è tal che non potrebbe adequar rima.

Ahi angosciosa e dispietata lima

che sordamente la mia vita scemi,

perché non ti ritemi

25

sì di rodermi il core a scorza a scorza

com'io di dire altrui chi ti dà forza?

Che più mi triema il cor qualora io penso

di lei in parte ov'altri li occhi induca,

per tema non traluca

30

lo mio penser di fuor sì che si scopra,

ch'io non fo de la morte, che ogni senso

co li denti d'Amor già mi manduca:

ciò è che 'l pensier bruca

la lor vertù sì che n'allenta l'opra.

35

E' m'ha percosso in terra, e stammi sopra

con quella spada ond'elli ancise Dido,

Amore, a cui io grido

merzé chiamando, e umilmente il priego:

ed el d'ogni merzé par messo al niego.

40

Egli alza ad ora ad or la mano, e sfida

la debole mia vita, esto perverso,

che disteso a riverso

mi tiene in terra d'ogni guizzo stanco:

allor mi surgon ne la mente strida;

45

e 'l sangue, ch'è per le vene disperso,

fuggendo corre verso

lo cor, che 'l chiama; ond'io rimango bianco.

Elli mi fiede sotto il braccio manco

sì forte che 'l dolor nel cor rimbalza:

50

allor dico: «S'elli alza

un'altra volta, Morte m'avrà chiuso

prima che 'l colpo sia disceso giuso».

Così vedess'io lui fender per mezzo

lo core a la crudele che 'l mio squatra;

55

poi non mi sarebb'atra

la morte, ov'io per sua bellezza corro:

ché tanto dà nel sol quanto nel rezzo

questa scherana micidiale e latra.

Omè, perché non latra

60

per me, com'io per lei, nel caldo borro?

ché tosto griderei: «Io vi soccorro»;

e fare'l volentier, sì come quelli

che nei biondi capelli

ch'Amor per consumarmi increspa e dora

65

metterei mano, e piacere'le allora.

S'io avessi le belle trecce prese,

che fatte son per me scudiscio e ferza,

pigliandole anzi terza,

con esse passerei vespero e squille:

70

e non sarei pietoso né cortese,

anzi farei com'orso quando scherza;

e se Amor me ne sferza,

io mi vendicherei di più di mille.

Ancor ne li occhi, ond'escon le faville

75

che m'infiammano il cor, ch'io porto anciso,

guarderei presso e fiso,

per vendicar lo fuggir che mi face;

e poi le renderei con amor pace.

Canzon, vattene dritto a quella donna

80

che m'ha ferito il core e che m'invola

quello ond'io ho più gola,

e dàlle per lo cor d'una saetta,

ché bell'onor s'acquista in far vendetta.